Lance Armstrong escluso dalla maratona di Chicago
A due settimane dall’incredibile decisione di Lance Armstrong di rinunciare a difendersi dalle accuse di doping mosse dall’agenzia antidoping americana (Usada), arriva un’altra stangata nei confronti dell’ex ciclista statunitense vincitore di ben sette Tour de France poi ritiratigli per le accuse di doping. Armstrong infatti, sarebbe stato nei prossimi giorni impegnato in una maratona a Chicago di beneficienza per raccogliere fondi per la lotta contro il cancro tramite l’associazione da lui fondata e presieduta, la Livestrong. Armstrong avrebbe dovuto partecipare alla maratona di Chicago, ma è notizia di oggi che gli organizzatori della gara avrebbero negato la partecipazione al ciclista texano. La decisione è stata presa seguendo il regolamento della manifestazione, regolamento che vieta la partecipazione ad atleti radiati o squalificati: “Lance avrebbe dovuto partecipare per beneficenza alla gara come membro del Team Livestrong, ma gli organizzatori ci hanno detto che non potrà farlo” ha detto Mark Higgings, portavoce di Armstrong.
Intanto, nei prossimi giorni, come se non bastasse, si preannuncia una nuova tempesta sul ciclista americano, visto che la prossima settimana uscirà negli Stati Uniti il libro scritto da un vecchio compagno di Armstrong ai tempi della US Postal, Tyler Hamilton, che già si preannuncia come libro scandalo, dal titolo “The Secret Race”. Hamilton ha infatti raccontato in questo libro tutte le pratiche dopanti di Lance Armstrong e anche le strategie utilizzate per sviare e eludere i controlli dell’agenzia mondiale antidoping. Ecco alcuni passaggi del libro pubblicati da Gazzetta.it: “Mi ci sono voluti 1000 giorni, circa tre anni, per usare il doping la prima volta. Avevo notato le sacche bianche appese al muro, ma ne usufruivano solo i più forti come Hincapie e Ekimov. E’ quando capisci che cosa vuol dire correre a “pane e acqua”, mi riusciva difficile persino tenere il passo del gruppo. Ero disperato, senza energie. Il dottor Pedro Celaya mi offrì il primo ovulo rosso: testosterone. “Questo non è doping, è per la tua salute”, mi disse. Non vado fiero di quella decisione, avrei potuto rifiutare, tornare a casa a finire l’università. Invece, non lo feci: sai che infrangi le regole, ma sei convinto di non imbrogliare perché come te fanno tutti”.
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