Fioretto maschile, medaglia d’oro per l’Italia
Soffrendo e giocando punto a punto il quartetto Andrea Cassarà, Valerio Aspromonte, Giorgio Avola e Andrea Baldini ha vinto l’Oro nella finale di scherma per il primo posto, specialità fioretto a squadre. Gli avversari giapponesi sono stati davvero ostici (come da previsioni), soprattutto con Ota, il migliore fra le fila nipponiche e si sono dovuti arrendere solo all’ultimo cambio disponibile, a meno di due minuti dalla fine, 45-39. L’Italia è comunque sempre stata sopra nello score, seppur di poco ed è apparsa costantemente padrona della pedana. La gioia azzurra è stata incontenibile a fine gara, con tutti e tre gli atleti italiani stretti abbracciati sul podio, a cancellare gli antichi dissapori di Pechino 2008 (la nota inimicizia finita da tempo, ma ancora latente in chi li circondava, fra Baldini e Cassarà). “Ci siamo riuniti e ho capito che il gruppo era compatto e tutti avevano voglia di aiutarsi l’un l’altro – ha detto Stefano Cerioni, il Ct della nazionale -. Ho visto gesti inequivocabili di amicizia durante tutto questo tempo, li tengo per me, ma ci sono stati“. Uno però è avvenuto pubblicamente ieri sera in gara: nell’ultimo assalto decisivo contro Ota, la divisa sudata di Baldini ha fatto le bizze col contatto elettrico e Cassarà è corso negli spogliatoi per procurargliene una nuova. Il “Baldini neovestito” ha poi retto all’urto del giapponese, all’emozione e alla responsabilità, frenando il tentativo di rimonta, difendendo i tre punti di vantaggio e incremetandoli fino al 45-39 finale.
Per chi ama le curiosità e le statistiche, Cassarà è l’unico superstite nel quartetto italiano della formazione che vinse ad Atene 2004, che fu cronologicamente l’ultima volta del fioretto a squadre ai Giochi, perché nel 2008 a Pechino, la specialità andò fuori programma. Per vincere ieri sera, l’italiano ha faticato molto. “Adesso lo posso dire – ha dichiarato il fiorettista bresciano -: ho la toxoplasmosi. Ero debilitato e magari qualcuno non ci ha creduto quando ho perso nell’individuale senza più un grammo di energia. Pensavano a una scusa. Invece dovrò fermarmi per due mesi e mezzo“.
Con la vittoria di ieri arriva così un altro oro nel medagliere italiano, frutto del duro lavoro professionale della scuola italiana di scherma, che a Jesi (provincia di Ancona) ha le sue radici più profonde. Un grazie al sergente maggiore jesino Ezio Triccoli, che nel 1947 fondò la prima scuola di campioni, Club Scherma Jesi.