Olimpiadi 2012, l’Arabia Saudita fa marcia indietro: 2 donne a Londra
L’ Arabia Saudita manderà due atlete alle Olimpiadi di Londra. E’ una decisione storica quella presa dal comitato olimpico del paese arabo. Solamente fino a ieri, sembrava ormai definitiva la decisione di non mandare nessuna atleta donna ai Giochi Olimpici di Londra, ma oggi, a sorpesa, è arrivato l’annuncio ufficiale fatto da due funzionari del comitato olimpico saudita con la conoscenza della decisione. I funzionari parlato con la Associated Press a condizione di anonimato perché la decisione non è stata annunciata pubblicamente. Le atlete saudite parteciparranno alle gare di judo e di atletica. Il regno saudita ha deciso anche di includere per la prima volta nella storia delle Olimpiadi alcune donne nella loro delegazione olimpica. La decisione dell’Arabia Saudita segue a ruota quella di Qatar e del sultanato del Brunei, altri due paesi che fino a Londra 2012 non avevano mai inviato nessuna atleta alle Olimpiadi.
In questo modo, per la prima volta nella storia delle Olimpiadi, tutte le nazioni che parteciperanno dal 27 luglio ai giochi olimpici, avranno anche una squadra femminile. Saranno circa 10.500 le donne che parteciperanno alle Olimpiadi di Londra, in rappresentanza di più di 200 comitati olimpici nazionali.
Nelle ultime settimane, l’Arabia Saudita era stata messa sotto pressione da parte del Comitato Olimpico Internazionale (CIO) e da alcuni gruppi per i diritti umani, affinchè accettasse di includere anche le donne nella loro squadra. Il CIO è stato in trattative con l’Arabia Saudita per mesi emesi, per garantire la partecipazione delle donne. I gruppi per i diritti umani vedono la decisione del paese arabo come un buon passo avanti per le donne saudite nella loro battaglia per i diritti fondamentali in un paese che le limita fortemente nella vita pubblica. “E ‘un precedente importante che creerà la possibilità per le donne di ottenere diritti e sarà difficile per gli estremisti sauditi portare avanti le loro politiche che limitano i diritti delle donne”, ha detto Minky Worden della New York Human Rights Watch intervistata dal Washington Post.